Andrès Iniesta, l'uomo dalle molteplici occupazioni

Classe e tecnica, idee e talento, la storia di un’illusionista catalano che veste la numero 8 del Barcellona

“Vediamo se avete il coraggio di fischiarlo dopo un match così oppure se siete in grado di dargli il giusto tributo.” Luis Enrique non l’ha detto in maniera esplicita, ma quella sostituzione al minuto 77 sullo 0-4 parlava chiaro.

Effettivamente quando Iniesta ha lasciato il campo, qualcuno al Bernabeu si è alzato per applaudire, come anni fa avvenne per Ronaldinho, altri invece hanno fischiato.
Troppo barcelonista Don Andrès, troppo legato alla Catalogna per un’ammissione della sua superiorità da parte di tutto il madridismo presente allo stadio.
Non perchè talento e classe non vengano riconosciuti universalmente, quanto perché è difficile inchinarsi a chi rappresenta idee politiche inaccettabili dal proprio punto di vista.


Prodotto della Masia, figlio di Barcellona sia in senso calcistico che come uomo.
Non solo questo però, Iniesta è più cose insieme, un agglomerato di professioni, definirlo calciatore è riduttivo.

Innanzitutto, come suggerisce il soprannome, è un Illusionista. Il numero 8 azulgrana ha un’innata capacità di mettere il pallone in bella mostra, salvo poi farlo sparire un istante prima dell’intervento avversario. Palla c’è, palla non c’è, l’illusione peggiore per un rivale.

Detta i tempi come un direttore d’orchestra, dirige i movimenti dei suoi compagni come un vigile nel traffico dell’ora di punta, pennella assist e traiettorie come un pittore dalla mano ferma ed un inventore dalla mente creativa.
Se i suoi dribbling inebrianti non bastassero a definirlo viticoltore, il catalano ci è venuto incontro, aprendo anni fa la propria azienda vinicola nella comunidad di Castilla-La Mancha.

Giocoliere assoluto, parlando prettamente in ambito tecnico, Andrès è un regista, fantasista e mezz’ala nello stesso tempo, non disdegnando affatto la via del gol, soprattutto in match importanti.
Come nel clasico col Real, o nella finale mondiale di Sudafrica 2012, probabilmente il punto più alto della carriera. Un titolo deciso da una sua rete, l’attimo di massima gloria personale in cui è uscita tutta la natura altruista di Iniesta, tutta la lealtà e la bontà d’animo.

Una maglia celebrativa sotto quella di gioco, per dedicare il proprio momento a un amico di vecchia data prematuramente scomparso, per lasciare parte del proprio spazio al capitano dei rivali cittadini, l’amico Dani Jarque, stroncato anni prima da un terribile malore in ritiro.


Secondo Luis Enrique “patrimonio dell’umanità”, Andrès dell’umanità ne ha fatto un patrimonio, artista e nello stesso tempo opera d’arte, uno tra i talenti sfortunati che meriterebbe e avrebbe già meritato il pallone d’oro, sfortunatamente senza mai riceverlo.

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