La trappola del fuorigioco e gli altri paradossi del calcio
Sovvertire la logica e guardare le cose da una prospettiva diversa, il calcio è alla continua ricerca di idee rivoluzionarie
Il calcio è bello perché è vario. Se è vero che tutte le strade portano a Roma, è altrettanto valido il principio per cui tutte le strategie sono finalizzate alla vittoria.
L’unica cosa che conta è il punteggio, e per raggiungerlo si possono percorrere vari sentieri.
Non c’è una modalità privilegiata per raggiungere l’obiettivo, l’importante è essere convinti della propria idea e svilupparla a tal punto da renderla un credo.
I più conservativi, affidandosi al contropiede, attaccano difendendo, gli spregiudicati invece prediligono difendersi attaccando, trovando il proprio mantra nell’aforisma “la miglior difesa è l’attacco.”
Un’idea assolutamente rivoluzionaria, talmente contraria alla comune logica di gioco da essere efficace.
L’illusoria eccitazione dell’attaccante convinto di essere smarcato, libero ad un passo dal gol. La fallace convinzione di poter scagliare in rete la sfera, seguita dall’impotente constatazione che il gioco era fermo.
Il nome trappola non è stato dato a caso. Non è facile evitarla, per sconfiggere questo paradosso serve una strategia altrettanto paradossale: allontanarsi dall’obiettivo per cercare di raggiungerlo, partire da una distanza maggiore dalla porta per poter essere sicuri di non incorrere nel brusco disincato scaturito dall’intransigente bandierina del guardalinee.
In poche parole, un’interminabile partita di scacchi giocata con mosse nuove, inedite; la continua ricerca di spiazzare l’avversario, a volte anche contraddicendo se stessi.
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