Un pallone tra i vulcani della terra dei ghiacci

L’ Islanda, la terra dei ghiacci capace di gelare l’Olanda e scaldare il cuore di tutti i suoi tifosi

“Si dice che una volta alcuni uomini, partirono dalla Norvegia alla volta delle Isole Fær Øer, ma questi si spinsero troppo ad ovest in alto mare e lì trovarono una terra molto estesa. Dopo essere sbarcati in un fiordo sulla costa orientale, scalarono un monte elevato e si guardarono attorno, in lungo e in largo, per osservare se c’era traccia di fumo, o qualsiasi altro indizio che indicasse loro se quel territorio fosse abitato, ma non riuscirono a vedere nulla di tutto questo.”
Il libro dell’insediamento, letteralmente Landmanabok, rende bene l’idea di cosa fosse allora e di cosa sia adesso l’Islanda.
Un grande scoglio in mezzo al nulla, scoperto per caso da navigatori sbadati, e legato fortemente alla propria origine geologica, caratterizzata dai 130 vulcani ancora in attività.
Solitaria tra le onde ed il gelo, l’antichissima terra dei ghiacci, se ne sta lì, immobile ma fiera nell’immensa distesa oceanica che separa il Vecchio continente dal Circolo Polare Artico.
Una deserto di acqua salata interrotto dalla presenza di quest’isola gelida, come suggerito dal nome.
Dimenticata in mare aperto dall’Europa per rilevanza geopolitica e posizione geografica, l’Islanda ha però trovato il modo di ricordare a tutti la sua esistenza, senza ricorrere all’eruzione di qualche vulcano e al blocco dei voli nel continente.
Tramite il football, tramite la prima storica qualificazione ad una grande manifestazione come Euro 2016.
Uno stato di appena 300mila abitanti che il prossimo giugno seguirà con affetto la più piccola nazionale di sempre a partecipare ad un Europeo.
Una notizia curiosa, per certi versi divertente. Non una casualità però.
Alla base di tutto c’è infatti la serietà di un popolo ambizioso e forte nel perseguire gli obiettivi prefissati e la lotta ai problemi di alcolismo e tabagismo fra i ragazzi.
Formazione degli istruttori ed impianti nuovi, infrastrutture indoor per giocare anche quando fuori fanno -30 gradi. Due principi semplici ma efficaci, come testimoniato dalla qualificazione sfiorata al mondiale brasiliano.
L’isola come un laboratorio, nel quale tornare a sperimentare le novità apprese sulla terraferma.
Un luogo dove produrre giocatori da esportare, considerando il semiprofessionismo vigente nel campionato nazionale e l’innumerevole quantità di calciatori espatriati.
La rappresentativa dunque è l’espressione principale di questo salto in avanti, testimoniato dal’ attaccamento e dalla passione calorosa, cresciute nel tempo assieme alla squadra.
Lo stadio di casa sempre esaurito, per una volta la parola chiave non è eruzione, bensì irruzione, quella che la nazionale ha fatto tra le big d’Europa.
D’altronde se, come cantava qualcuno, sui monti di pietra può nascere un fiore, tra i vulcani e i ghiacci è potuta nascere la meravigliosa favola islandese.

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