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La riconoscibilità del nostro calcio all’estero si basa su pochi e immensi giocatori, tra questi il numero 1 bianconero è senza dubbio in cima alla classifica

Pizza, spaghetti e mandolino….
Un leitmotiv un po’ banale, che magari sminuisce anche il nostro paese. All’estero però chi non ha mai sentito questa frase quando si parla di Italia?
Il made in Italy in tre semplici parole. Lo stivale che vale.
A pensarci bene però, qualcosa, o meglio qualcuno, che ben rappresenta i nostri colori oltre i confini c’è. Si chiama Gianluigi e ha compiuto 38 anni ieri.
Non è la politica o l’arte il suo ambito di lavoro, ma le sue parate lasciano a bocca aperte tanto quanto un bel quadro, una toccante scena di un film o una poesia d’amore. Lo stesso sentimento che il numero 1 prova per la Juventus e la nazionale, a cui ha giurato fedeltà eterna, dichiarando di voler difenderne i pali fino al prossimi mondiale.
Leader dentro e fuori dal campo, ultimo portiere a “rischiare” seriamente di vincere un pallone d’oro che sarebbe stato il giusto premio per quella meravigliosa cavalcata nel 2006.
Due mani giganti con cui sventare ogni pericolo che arriva dagli avversari e una voce garbata ma decisa, con cui allontanare ogni rischio di rilassatezza o lassismo; successe in chiave azzurra dopo il pessimo mondiale verdeoro, è successo quest’anno a Sassuolo, dopo il negativo avvio bianconero.
Vincere da assuefazione, specialmente per uno che del trionfo ne fa uno stile di vita.
La carriera però non è stata solo ammirazione e complimenti, ma anche polemiche e accuse. Come quella volta in cui decise di indossare l’88, secondi alcuni una testimonianza delle ideologie naziste di Gigi.
“Era il 2000 e io chiesi alla società lo 00, che per me era il simbolo delle palle, il simbolo della rinascita dopo l’infortunio che mi aveva impedito di andare all’Europeo. Mi dissero di no, che lo 00 non si poteva. Così presi l’88, che di palle ne ha quattro”.
Oppure quella volta in cui scoppiò il caso legato al calcioscommesse. L’estremo difensore di Carrara non si è mai fatto trascinare troppo dalle accuse ed illazioni continuando il suo mestiere con la classe di sempre.
E pensare che Buffon da piccolo giocava in mezzo, al centro della scena, prima di innamorarsi di Thomas N’Kono e capire che si può esser protagonisti anche a un’estremità del campo. Il folle portiere camerunese l’idolo decisivo, con quelle sue imprevedibili gesta nella Coppa del Mondo del 90. Un mondiale made in Italy, come Pizza, spaghetti, mandolino…e Gianluigi Buffon.

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