Partite di calcio, lezioni di vita

Lo sport più popolare del mondo visto in un’altra ottica, come una rappresentazione delle nostre esistenze



Un tiro all'incrocio dei pali, una bella parata, una mossa tattica dell'allenatore...  una gara di calcio presenta mille sfaccettature tecniche, difficili da osservare nella loro complessità. Ma a livello  umano, si possono trarre degli insegnamenti in quei 90 minuti?

Se è vero quello che affermava Jean-Paul Sartre, “Il calcio è una metafora della vita”probabilmente sì, il futbol ha tanto da darci e da dirci.
Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco….” L’autore di questa celebre frase non è certo un filosofo, ma Giovanni Trapattoni, con questa sua uscita, ha di certo segnato l’esistenza di molti appassionati del pallone. 
Una morale da film, un insegnamento di vita che va al di là del rettangolo verde di gioco, ma che al tempo stesso all’interno di quelle quattro bandierine del calcio d’angolo si è spesso esemplificato.
Lo sanno bene i brasiliani, nel 1950 convinti di aver già vinto il mondiale in casa, salvo poi disperarsi per la sconfitta per 2-1 con l’Uruguay, nello storico incontro passato alla storia come il Maracanazo (il disastro del Maracana). “La nostra Hiroshima”, stando all’eccesso di delusione di Nelson Rodrigues.
Non sono da meno Inter e Milan; anche le due milanesi hanno sperimentato sulla propria pelle cosa si prova a strozzare l’urlo in gola, ad assistere al passaggio da un successo annunciato ad un tonfo doloroso. Il 5 Maggio 2002 nerazzurro, e la finale di Champions League contro il Liverpool per i rossoneri, insegnano.
Da una finale della massima competizione europea per club ad un’altra, come dimenticare quella del 1999 tra Bayern e Manchester United, con gli inglesi sotto 1-0 al 90esimo e vittoriosi per 1-2 al triplice fischio finale…
Mai dare nulla per scontato, parafrasando le parole del Trap, una sentenza che vista da un’altra prospettiva impartisce un’ulteriore lezione: crederci sempre, mai mollare, il tempo per rimediare (nel calcio come nella vita) non manca mai.
Lo sappiamo purtroppo noi italiani, lo sanno bene i francesi. La finale di Euro 2000 è una ferita difficile da rimarginare, un monito che non si può dimenticare. Trionfanti a pochi giri di lancette dal termine, raggiunti all’ultimo pallone buono e poi battuti al golden gol. 
pensare che nel tragitto per arrivare all’ultimo atto di quel campionato europeo, c’era stata Italia-Olanda, una sfida epica. Gli azzurri contro un avversario fortissimo, da sfidare nella propria tana e sospinto da un intero popolo orange, una muraglia arancione da far paura.
Sotto di un uomo praticamente per tutto il match, ma mai nel risultato. Due rigori falliti nei regolamentari dai padroni di casa, poi sconfitti nella lotteria dagli undici metri. Un trattato su come nella vita ci voglia un pizzico di fortuna ma anche su come questa vada guadagnata, facendo sì che qualcosa di positivo possa accadere, mettendosi nella posizione di poter cogliere qualsiasi opportunità.
La spedizione azzurra mise in atto tutto ciò guadagnandosi il pass per quella maledetta finale di Rotterdam. Un gruppo solido, coeso, guidato da mister Zoff, che all’insegna del motto “Uniti si vince” fece sognare tutto lo stivale. 

Fidarsi dei compagni, delle persone più vicine, una filosofia esistenziale per alcuni, un pensiero di base anche per la nazionale di Marcello Lippi in un’altra semifinale, anch’essa vinta nella tana ostile di un rivale per certi versi favorito. Italia-Germania 2-0, la partita passata alla storia per l’esultanza di Grosso in versione Tardelli e per il super contropiede chiuso da Del Piero. 
Il preludio ideale ad una nuova finalissima contro i cugini francesi. Con un esito diverso, con il trofeo stavolta nelle mani del nostro capitano, perché nella vita “non è forte chi non cade mai, quanto chi una volta caduto trova la forza di rialzarsi.
Un’altra delle tante nozioni esistenziali che si possono trarre da una partita di calcio. Al di là del risultato.
Si gioca come si vive, disse Burdisso qualche tempo fa. 
Per certi aspetti è anche vero il contrario, si vive come si gioca.

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