Il portiere non ha senso

Apologia del ruolo dell’estremo difensore

In una squadra di calcio esistono nove ruoli e due professioni: il portiere e il centravanti.
Una bella affermazione di Dadà, a cui occorre aggiungere che il ruolo dell’estremo difensore è certamente più difficile. Non c’è nessuno che possa servirti un buon assist, non c’è nessuno che possa rimediare ai tuoi errori.
Un uomo fondamentalmente solo, un’individualità ben distinta dal resto dei compagni. Per gli altri uno sport di squadra, per lui un po’ meno.
Si dice che i portieri siano un po’ matti; si dice che la pazzia, un modo fuori di vivere fuori dall’ordinario, debba essere la caratteristica ordinaria di un buon numero 1. Sin da bambini.
Giocare al campetto, al cortile o in piazza, guardando con aria esterrefatta e sorpresa il volontario di turno che si mette tra i pali di una porta, reale quando va bene, formata da due zaini nella maggioranza dei casi. “Ma che è matto? Chi glielo fa fare…”
Rendersi protagonisti per evitare che qualcosa avvenga piuttosto che compierlo, scongiurare un gol anziché realizzarlo, parare anziché calciare a rete, posizionarsi statici alle spalle di tutti e non voler porsi al centro del campo.
Vivere la porta e l’area di rigore come una sorta di habitat naturale, un luogo piacevole in cui passare quei fatidici 90 minuti, conoscerne segreti, distanze e scorciatoie, sapersi muovere all’interno, senza mai sentirsi ingabbiati.
L’unico con una divisa diversa dagli altri, l’unico per cui un avvenimento può essere fatale, l’unico così dipendente da se stesso da non darsi pace per un errore, arrivando ad odiare se stesso. Consapevole che la possibilità di ristabilire il punteggio sarà affidata ad altri, a quei compagni che difendono la porta come un fortino invalicabile, successivamente pronti a puntare il dito e trovare nell’estremo difensore il più frequente dei capri espiatori.
Vulnerabile, privo di alibi, sempre soggetto a critiche. Devi essere scattante e reattivo, avere prontezza e riflessi, ma anche senso della posizione. Non solo doti fisiche e atletiche però, ci vuole anche forza mentale. Basta un pallone per condannarti, e può farlo in qualsiasi momento. Anche dopo 80 minuti senza mai esser passato dalle tue parti.
Fare il portiere, apparentemente, non ha ragioni logiche. Non ha spiegazioni sensate.
Fare il portiere è una vocazione, è il desiderio di volare alto e smanacciare via un pallone che per tutti rappresenta l’oggetto del desiderio, per te una minaccia costante.

Un numero 1 sa che l'impatto col terreno farà male, sa che l'atterraggio sarà doloroso, ma l'adrenalina della parata supera ogni timore, il brivido che si prova è troppo più forte della logica e della ragione.
Il ruolo del portiere è un controsenso, per questo è il più bello di tutti.

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