Storia di un amore a distanza mai sopito

Bandiera, campione ed idolo biancazzurro, la storia di Alessandro Nesta parla per lui

Il 19 Marzo è una data da cerchiare sui calendari, un giorno importante in cui il calcio italiano può festeggiare un personaggio di primo livello.
Fiero e legittimo rappresentante laziale, ex capitano e leggenda assoluta, compie gli anni Alessandro Nesta.
Difensore elegante, pulito e corretto ai limiti dell’eccesso per il proprio ruolo, il numero 13 è stato uno dei più illustri esponenti dell’arte tutta italiana del marcare l’attaccante, sia sfilandogli la palla negli 1vs1, sia andando in anticipo, in virtù di un’ottima capacità di leggere il gioco e le intenzioni avversarie.
Veloce, abile nel gioco aereo, dotato di una buona tecnica di base che gli permetteva di impostare; insomma l’identikit di un difensore moderno attuale, trasportato nel tempo a 10 anni fa.
Un legame profondo con la Lazio, tanto che suo padre, biancoceleste Doc, gli impedì da piccolo di firmare con i cugini che lo avevano visionato per primi.
Una scelta azzardata lì per lì, ma Alessandro era un predestinato, si sapeva avrebbe fatto strada.
Esordisce nel 1994, la stagione successiva vince il titolo primavera ed entra a far parte della prima squadra.
Da lì in poi una storia ricca di successi, ma anche tanta sfortuna. Trionfa all’europeo Under 21 nel 1996, ed anche con la sua squadra del cuore vince di tutto: segna nel successo in Coppa Italia col Milan nel 1998, aprendo quello che di fatto sarà un biennio magico.
Coppa delle Coppe, due volte la Supercoppa italiana, quella europea e poi il double, Scudetto e Coppa Italia nell’annata 1999-2000.
L’orgoglio più grande però, è il modo in cui i tifosi si riconoscono in lui. Il capitano della gente, il giusto uomo per portare la fascia, per rappresentare una lazialità fiera e dignitosa, sobria ma ferrea.
La sua storia però, non ha lieto fine: in seguito ad alcuni problemi finanziari, la Lazio e l’allora presidente Sergio Cragnotti se la vedono brutta, e nell’estate del 2002 partono i pezzi migliori. Tra questi non può che esserci Nesta.
Controvoglia, contro sé stesso. Ma per il bene della squadra che ama. Il suo è un gesto d’amore, una delle rare volte in cui il “ti lascio perché ti amo troppo” ha davvero senso di esser pronunciato.
Alcuni tifosi non capiscono, altri sono delusi. Tra innamorati capita di perdersi, ma poi si chiarisce e si comprende. Nesta e la Lazio non sono esenti da tutto ciò, e restano comunque una cosa sola. Al di là della distanza, anche quella temporale.
In lacrime saluta la società capitolina, la propria casa, per 31 milioni di euro. Per lui si apre un nuovo capitolo col Milan. Durante la presentazione è visibilmente scosso, disorientato; fisicamente è nella sala conferenze di Milanello, ma la mente vaga altrove.
Da buon professionista però, ci mette poco a ritrovare la testa giusta.
Dimostra, se ce ne fosse bisogno, tutto il suo valore. Si inserisce alla grande in una formazione ricca di campioni, continuando a vincere.
Trascorrerà 10 anni in rossonero, disputando 326 partite e segnando 10 gol. Colleziona due scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppe italiane, due Champions League, due Supercoppe europee e una Coppa del mondo per club.
Un palmares di tutto rispetto, nonostante una sfortuna incredibile continui a perseguitarlo. Spalla, schiena e tendine del ginocchio, tre brutti ko che lo tengono lontano dal campo a più riprese per periodi prolungati. Seppur trionfale, la carriera del calciatore romano è limitata da una sorta di persecuzione fisica. Soprattutto in nazionale.
Gioca tutte le qualificazioni ma poi salta i mondiali 1998 infortunandosi gravemente al ginocchio durante il girone; stessa sorte nel 2002 quando è fuori nel match clou contro la Corea per un dolore acuto al piede.
Nel 2000 non si fa male, ma la sua dose di sfortuna si manifesta in finale con quei due gol beffa che fanno esultare la Francia e piangere gli azzurri; nel 2004 invece, i suoi sogni di gloria si infrangono sul biscotto tra Danimarca e Svezia. Onore e gloria che invece arrivano a Berlino, nell’Estate 2006. Alessandro però, manco a dirlo, è costretto a vivere una gioia a metà, rimanendo fuori per quasi tutto il torneo, alle prese con un ko muscolare dopo due giornate.
Nonostante tutto Nesta esulta e trionfa lo stesso. Una metafora ideale per il calciatore che più di tutti ha sfidato la sfiga,uscendone vincente e riempiendo la propria bacheca con un mare di coppe.

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