Filosofia in convocazione

Le convocazioni non sono solo liste di 23 nomi, sono il manifesto non necessariamente e solamente calcistico di ciò che si vuole esprimere 
Mentalità offensiva e freschezza giovanile, gli ingredienti del Belgio trapelano dalle convocazioni. Il Ct Wilmots ha chiamato ben 8 giocatori offensivi, partendo da Hazard e Mertens, arrivando a Carrasco e De Bruyne, senza dimenticare giocatori un po’ più statici come Origi, Lukaku, Benteke e Batshuayi. Considerando che tra i centrocampisti più puri ci sono Witsel e Fellaini, che spesso ha fatto la punta con lo United, non è difficile comprendere quale sarà l’idea di calcio fiamminga: attaccare, attaccare e ancora attaccare.

Tante, tantissime opzioni di corsa e quantità per Antonio Conte, meno qualità. Insigne, un acerbo Bernardeschi e Candreva sono i più fantasiosi di una squadra che affiderà il 10 a Thiago Motta. Dinamismo e disciplina, l’Italia è in due D, aspettando gli occhialetti per la tridimensionalità.
Tante razze, un solo paese, un solo obiettivo. L’auspicio francese è chiaro. Senegal, Camerun, Mali, Isola di Reunion, Congo, Angola e Guadalupe, i paesi originari di parte dei convocati di Deschamps. Un vasto corollario di culture, il manifesto di un’integrazione che negli ultimi mesi è stato un tema caldo non solo sul versante calcistico. Tutto senza perdere quello spirito tipico dei francesi, di chi a volte si compiace fin troppo, di cercare il bello anche a discapito dell’efficacia. Pogba, Payet, Cabaye, Griezmann, Coman e Martial, calciatori di assoluto spessore il cui unico rischio è a volte quello di non far coincidere l’utile col dilettevole, o viceversa.
L’Inghilterra si presenta ad Euro 2016 con un’ambizione ben chiara: tornare a vincere. Affascinante, interessante e ricca di spunti la lista dei 23, anche da un punto di vista filosofico.
La selezione dei tre leoni è stufa di passare come una nazionale di perdenti e per tornare dare un taglio netto col passato, quale miglior modo che dare il via ad un ciclo nuovo di zecca? Giocatori giovani, nomi nuovi e cambio radicale rispetto alle ultime grandi manifestazioni, per un paese piuttosto legato a tradizioni e poco avvezzo a rivoluzioni un interessante spunto di riflessione. L’età media molto bassa ed atleti on fire, caldissimi e sulle ali dell’entusiasmo, una condizione esattamente opposta a quella di Roy Hodgson che onestamente non sembra il punto di forza.
Tedeschi fino in fondo. Pochi sentimentalismi, dopo il danke della vittoria mondiale Joachim Low non si fa intenerire dai ricordi di Rio e cambia pelle alla nazionale campione del mondo. Ben 9 nomi nuovi rispetto all’ultima manifestazione iridata, a dimostrazione che Deutschland über Alles come recita l’inno, la Germania prima di tutto. Anche dei singoli campioni. Fuori Reus, per il resto la solita selezione forte fisicamente, una corazzata dai piedi buoni.
E’ durato poco l’esperimento Diego Costa. Le furie rosse di Del Basque elevano il concetto del torello al calcio a 11, presentando una formazione di fortissimi palleggiatori. A centrocampo Del Bosque vanta una serie di giocatori fenomenali a partire da Iniesta e Fabregas per finire con Silva, Koke, Thiago, Busquets e l’esordiente Soriano. Poche punte però, Morata e Aduriz sono gli unici delanteros.  In Spagna si scherza col toro, figuratevi con l’ariete d’area di rigore….
Non solo tattica però, nella lista si rispecchia la dicotomia tipica del paese. Madrid e indipendentisti, baschi se si parla di San Josè e Aduriz, catalani quando si parla dei tantissimi blaugrana; a queste rivalità negli ultimi anni si è aggiunta quella tra Atletico e Real, sempre più accesa dopo le finali in Champions. Più che una squadra, quella spagnola è una tregua. Nella speranza che duri fino all’oro continentale.

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