Il mio miglior nemico

Diversi, agli antipodi, acerrimi rivali; Italia e Germania non possono fare a meno una dell’altra 

Due rivali da sempre, due che in campo non hanno mai smesso di darsele di santa ragione. Una sana e genuina antipatia, un odio sportivo celato mai, più che celato male.
Allora Italia e Germania te le immagini lì, sedute su una vecchia panchina, accogliendosi vicendevolmente con le parole cantate da Lucio Battisti.
Ancora tu non mi sorprende lo sai
ancora tu ma non dovevamo vederci più?
E come stai? Domanda inutile
Stai come me e ci scappa da ridere.
Un ghigno beffardo della sorte che ha composto il tabellone, un sorriso amaro dei diretti interessati. La storia che si ripete, la risata di chi si ritrova inevitabilmente di fronte.
Italia-Germania è una trama lunga che si arricchirà di un’altra puntata, è una saga meravigliosa in cui i tedeschi spesso sono usciti con le ossa rotte, ma qualche volta con la ossa rotte ci sono rimasti anche in campo, come quando Beckenbauer concluse il match con la spalla lussata.
Italia-Germania è “Andiamo a Berlino” di Fabio Caressa o il “Cannavaro” scandito ad ogni intervento; sono le frasi di Nando Martellini: dalla “partita drammatica e incredibile” nel 1970, alla finale mundial che gli consentì nel 1982 di pronunciare tre volte “Campioni del mondo”. La telecronaca che si fa storia. I tempi in cui si  univa il professionismo alla genuinità, in cui un “Non ringrazieremo mai abbastanza i nostri giocatori per queste emozioni che ci offrono!” vale più di mille considerazioni tecnico-tattiche.
E’ la partita del secolo, ma anche un secolo (quasi) di partite. Da quel 3-1 azzurro in amichevole a Milano nel lontano 1923, fino ad Euro 2012, passando per primo incontro ufficiale ai mondiali del 62.
E’ un urlo al cielo che dura 24 anni, una corsa a perdifiato iniziata a Madrid da Marco Tardelli e proseguita a Dortmund da Fabio Grosso.
Sono le braccia al cielo di Gianni Rivera, gli addominali mostrati al mondo da Mario Balotelli.
Italia-Germania è tutto questo, ma ora non è niente, perché in questi giorni conta solo quello che sarà.

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