Se non puoi batterli, unisciti a loro

Pjanic, Durant, Lebron e non solo. La tendenza del campione moderno
54,3 milioni di dollari per due anni, quindi fino a giugno 2017.
Kevin Durant ha preso la sua decisione, giocherà con i Golden State Warriors, squadra vice, ed al contempo ex, campione Nba. Una scelta che ha fatto rumore e scalpore, uno dei più grandi campioni della lega che firma per una delle franchigie più forti, capace di vincere 88 gare su 106 giocate.
Se non puoi batterli, unisciti a loro.
Un modo di pensare non lontano da quello che ha spinto Pjanic a Torino, un ragionamento che travalica le discipline sportive, unendo per una volta il calcio al basket.

La voglia di gloria che supera, forse anche legittimamente, il desiderio di raggiungerla attraverso la perseveranza. La domanda sorge spontanea: vincere alleandosi con quello che fino al giorno prima era l’acerrimo rivale può essere appagante come farlo rimanendo con i propri compagni di sfortune degli anni precedenti?
Si. No. Forse.
Il punto è che da un lato c’è la quasi certezza di sollevare un trofeo, dall’altro la consapevolezza che vincere dopo tanta sofferenza sarebbe bellissimo, ma potrebbe rimanere solo un pensiero, da esprimere rigorosamente con un eterno condizionale.
La risposta la potrebbe dare un altro grande protagonista del mondo della palla a spicchi: Lebron James. Il prescelto, come è stato ribattezzato negli States, nel 2010 fece esattamente la stessa mossa di Durant e Pjanic: cambiare team, formando insieme a Wade e Bosh, un’autentica schiacciasassi a Miami.
Due titoli Nba in Florida, prima di tornare a casa, in quella Cleveland abbandonata per soddisfare la sete di vittoria. Quest’anno quel benedetto/maledetto trionfo con la squadra del “vorrei ma non posso”. Una coppa inseguita e raggiunta al termine di tanta fatica, valsa le lacrime. Il titolo più bello, sicuramente più di quelli raggiunti precedentemente.
Non solo Pjanic però. Nel calcio questo modo di agire è praticamente diventato quello più ricorrente del Bayern Monaco ad esempio. Cogliere due piccioni con una fava, indebolire l’avversario rinforzandosi, offrendo soldi e una maggior facilità di successo.
Neuer dallo Schalke, Goetze e Lewandovski dal Dortmund, che in questa estate di mercato ha salutato anche Hummels, sempre in direzione Monaco di Baviera. La dinastia del Bayern è iniziata e proseguita anche così.
Ovviamente le scelte dei diretti interessati sono legittime, per certi versi denotano anche un’ interiore ambizione che nella vita di uno sportivo non deve mai mancare.
Tuttavia riflettono anche al meglio una società che si rispecchia sempre più nella necessità interiore di avere tutto e subito, di scegliere la via più agevole, più facile per arrivare al successo.
Si perde un po’ il senso di appartenenza, quei riferimenti precisi che contraddistinguevano una società dall’altra. Non fai in tempo ad innamorarti di un giocatore che te lo ritrovi con i rivali più odiati. Non fai in tempo a manifestare tutta la tua antipatia verso un calciatore, che poi  te lo ritrovi con la maglia che più ami.
Senza contare che si perde quella competitività che dovrebbe essere sempre alla base di ogni manifestazione sportiva. E’ giusto accentrare tutto il talento di una lega al servizio di poche, a volte anche una sola, compagine?
Premesso che nella storia ci sono sempre state formazioni più vincenti, con maggior prestigio e più appetibili rispetto ad altre, la tendenza è sempre più verso un esagerato predominio dei grandi club.
Se non puoi batterli, unisciti a loro. La nuova tendenza dei campioni, che accentua ancor di più l’oligopolio dei grandi club e rende il mondo dello sport sempre più disilluso.
Nel calcio, come nel basket.

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