I falli di mano di Graziano Pellè

La punta pugliese e la nazionale, come nel poker una storia fatta di mani fortunate e mani giocate male 


Si dice che si possa conoscere molto di una persona in base alle linee della sua mano. Aspetti rivelatori di un passato alle spalle, premonitori di un futuro davanti agli occhi.
Nel caso di Graziano Pellè è certamente così.
Nell’esistenza calcistica del pugliese, in ogni punto di svolta, dalle luci della ribalta al buio della sconfitta, quelle dieci dita hanno sempre significato qualcosa. La carriera costruita coi piedi ma stampata sulle mani, non necessariamente da scrutare nei segni sul palmo quanto nei gesti compiuti dall’arto intero.
Un attaccante esploso tardi, alla soglia dei trenta, facendo bene lontano da quell’Italia in cui è stato riportato dal Ct Antonio Conte. Da lì in poi un’ascesa importante, fisicità e gol al servizio della squadra, compresa quella rete, manco a dirlo di mano, contro Malta, decisiva per l’1-0 finale.
Il pass per Euro 2016, la consapevolezza di essere un punto di riferimento, una boa attorno alla quale prendeva vita la girandola azzurra ideata dal commissario tecnico.
Nell’europeo transalpino, ma anche dopo, ci siamo affidati a bomber Pellè sia nel bene che nel male.
Grande prestazione contro il Belgio condita dalla voleè di destro per il 2-0, l’apprezzamento dei tifosi, il riconoscimento verso un giocatore arrivato dal basso, per certi versi “sporcandosi le mani” nelle categorie inferiori.
Un nuovo potenziale idolo, un possibile eroe per il sogno nazionale. Il problema però è che una volta raggiunto l’apice, la vetta, il punto più alto, si può solo scendere.
Mario Brega in Bianco, Rosso e Verdone diceva “Sta mano po esse fero e po esse piuma”.
Croce e delizia, qualcosa capace di costruire e distruggere, fare e disfare. E così è.
Un leggero infortunio ad indice ed anulare sinistro lo mette in dubbio contro la Svezia, ma qualche giorno dopo è la mano destra a rovinare quanto di buono fatto nei due anni precedenti. Un cucchiaio mimato in faccia a Neuer, non corrisposto nella realtà degli eventi da un piede tremolante ed incerto. Il gesto guascone di chi cerca di ingannare l’avversario, ma in realtà inganna solo sé stesso, un tentativo di fare una furbata, passando in realtà da quanto di più lontano ci possa essere dalla furbizia.

L’errore palese è con i piedi ma quello che lo amplifica è quella spavalda mano.
La stessa che, recidiva, non si allunga verso quella protesa di Ventura qualche mese dopo, la stessa che fino ad oggi hanno dimostrato di essere abile nel fare frittate, un po’ meno adatta alla Macedonia, prossimo avversario degli azzurri da cui Pellè è stato escluso.
Un gesto sciocco, che gli costerà la nazionale, un prezzo che nemmeno i soldi dei cinesi potranno pagare.

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