Il derby più antica d'Italia, una lanterna sempre accesa

Cuori blucerchiati e rossoblù, due metà di una città accomunate da uno spirito battagliero ed una storia che parla chiaro


Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica Signora del Mare: Genova.
Un amore smisurato, una folgorazione irrefrenabile che si impossessò del Petrarca, autore di questi magnifici versi. Il territorio proteso verso il mare, la città custodita così gelosamente da quei monti che si fanno costa, nel mentre la proteggono, idealmente allo stesso modo in cui lo fanno gli abitanti, un po’ diffidenti, un po’ lamentosi, con questa tendenza a custodire per sé la bellezza del posto. Una sorta di gelosia quasi carnale per la propria terra.

Il Ferraris è uno dei pochi stadi inglesi sul suolo italiano. Spalti che scendono a picco sul campo, un po’ come i monti liguri su “La Superba”. Una bolgia che spinge i calciatori di casa e atterrisce gli ospiti, in poche parole un catino infernale.
Un grifone, rapace, preciso e puntuale. Un “baciccia”, scaltro, astuto ed esperto.

Una vecchia battaglia sulla riva del mare, alle pendici di quei monti che caratterizzano il territorio ligure.
Anticipo delle 18, in questo turno di Serie A il gustoso aperitivo sarà proprio la gara più sentita nella città che all’usanza dell’aperitivo ha dato il via.
La pipa del vecchio pescatore, simbolo sampdoriano, gli artigli del grifo, emblema genoano. Entrambi degni rappresentanti di una città storica, di una culla di tradizioni e cultura che non ha nulla da invidiare alle altre città europee.
Il derby della lanterna, non un faro, ma il faro. Ineguagliabile riferimento del porto, della città. Irriproducibile segnale di approdo sicuro, accogliente diamante della costa ligure.
Una città dai mille volti, che può prendere la rincorsa da alte colline o monti, prima di tuffarsi in mare, oppure partire dal porto ed arrampicarsi verso l’alto.
Metafora perfetta di due società che negli anni non hanno celato le loro ambizioni, non hanno smesso di puntare a posizioni di classifica che le permettessero di imbarcarsi dal molo principale, per partire ad esplorare il mondo. Un po’ come Colombo, altro esponente illustre dell’essere genovese.


Le due metà calcistiche rispecchiano a pieno l’essenza di Genova. Mete sempre nuove di calciatori spesso con le valigie in mano, storie di naviganti che vanno e vengono, costretti dalle logiche di mercato e contrattazioni, ben familiari a una città che è sempre stata culla di trattative e commerci.
Genova è un porto di mare. Tanta gente che va, molta gente che viene, ma soprattuto anime che in questo andirivieni si stabilizzano e ci lasciano il cuore, a prescindere che tu sia giapponese come Miura o inglese come Platt, che tu sia un forestiero come Skuhravy e Milito oppure un italiano come Vialli e Mancini.
Il grifone, la lanterna e i pescatori, ma soprattutto una chitarra, simbolo non ufficiale, ma ufficioso di chi è avvezzo a creare con le parole testi memorabili, trasformandoli in melodie da cantare con la voce, accompagnandole con la propria anima e le corde di un vecchio strumento musicale.
La scuola genovese, ben rappresentata da De Andrè, Tenco, Lauzi e Paoli, ma anche Mameli, autore dell’inno nazionale. Casa di artisti indiscussi, patria della musica patriottica. Cultura variegata e senza tempo, vasta collezione di genere e forme d’arte, tra cui anche il derby più antico d’Italia.
Un match impreziosito da due tra le migliori tifoserie, calde e appassionate; torce colorate, affascinanti giochi creativi disegnano nelle due gradinate coreografie meravigliose, uno spettacolo nello spettacolo al Ferraris, scenario ideale di Sampdoria-Genoa.
Il futbol. Una forma di arte popolare.

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