Evasioni di campo. Capodanno orvietano
Il
clima del day after è piacevole, i ricordi sono ancora nelle menti e
negli occhi per qualcuno, nelle vene per qualcun altro, alcolica
vittima illustre alla prima alba del nuovo anno.
Il
posto però propone ed impone di essere visto. Ma anche respirato.
Orvieto ha quel profumo di storia che dura da secoli, questa fragranza di medioevo con una spruzzata di periodo etrusco, un odore intriso di storia che con un po' di immaginazione riporta indietro nel tempo. Prodotti tipici culinari, oggetti artigianali in ceramica catturano lo sguardo, messi in bella vista dai negozianti locali.
E'
un metaforico gioco dell'acchiapparella, in cui sfugge a chi lo
insegue prendendosi gioco di lui.
Lo
scherza e lo beffa, come fanno a vicenda alcuni ragazzi romani, alle
prese con un Capodanno fuori porta...
I
luoghi che hanno avuto più vite in una, riescono ad emanare la
stessa aria di secoli fa.
Finestre
"comunicanti", che si guardano, divise solo da qualche
metro e da una strada troppo stretta per non considerare vicino di
casa anche chi abita di fronte.
Passo
dopo passo, sprazzi di luce accendono il volto delle case con
angolazioni sempre diverse, illuminando la facciata del duomo nella
piazza principale.
Mondi
che si aprono tra le mura ed i vicoli.
Pietre
e mattoni di un labirinto che conduce al centro del borgo.
Un
sole invernale, timido e vergognoso che intimorito scalda i passanti
senza mai mostrarsi nella sua interezza.
Lancia
il raggio e nasconde la mano.
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