Pensieri di un calciatore di seconda categoria



Sono le 21.
Piove, fa freddo e tira quel fortissimo e maledettissimo vento che ti entra nella mente e scombussola tutte quelle pagine che dovresti aver appreso ma già non ricordi più. 

Ti convinci di aver buttato un'altra giornata sui libri.

Poi arrivi e vedi lui, lì da solo in mezzo al prato verde.

Gonfio della noia di giornate in cui non vuoi far nulla.
Colmo di stanchezza, di fatica di ore di studio.

Un concentrato di tutte quelle cose che vagano per la testa, di tutte quelle questioni che non ti lasciano sereno.

Il pallone è un simbolo. 
E' uno scacciapensieri, un peso da prendere a calci per allontanare tutto il più lontano possibile, per frullare le ansie a debita distanza.

E allora corro a più non posso senza razionale direzione. Credo di comandare il gioco, penso di dominare la sfera.

Poi quando lei esce da quel rettangolo mi fermo anch'io. Mi accorgo che non sono io che decido, mi rendo conto di essere molto più dipendente da lei di quanto immaginassi, di quanto lei lo sia da me.

La seguo, la cerco, le corro dietro.

Agisco in base a ciò che fa lei, e tutto ad un tratto mi sembra assurdo, mi sembra folle.

Forse mi dovrei infastidire, forse mi dovrei innervosire, forse dovrei prenderla a calci ancora più forte....


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