Evasioni di campo. La mareggiata



Chi ama il mare lo fa profondamente, senza riserve.
Ne conosce pregi e difetti, probabilmente non individua differenza alcuna, apprezzandone tutte le sfaccettature in maniera totalizzante.

Lo ama nelle giornate afose in cui non c'è un filo di vento che possa sussurrare all'acqua di incresparsi e dar via a quell'altalena di acqua salata, ma lo adora anche quando un'incessante tormenta incalza le onde, come un fantino con il suo cavallo nella più prestigiosa delle gare.

Bianco e nero. Due situazioni opposte, ma ugualmente necessarie.
Per navigare in mare, e nella vita.

Perché il mare calmo è bello, ma forse dopo un po' è troppo piatto; e allora, per quanto possa essere poco auspicabile, ogni tanto una mareggiata può far crescere, cambiare in meglio. 
Perché solo la forza brutale di un mare agitato può smussare gli spigoli granitici di una roccia, 
che per quanto cambiata alla fine della tempesta, per quanto segnata dalla violenza delle onde, non avrà certamente perso la sua bellezza, la sua forza, la sua capacità di resistere alla successiva mareggiata.


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