La carretera de la Muerte, dove la vita è questione di centimetri

La descrizione dell’uomo corrispondeva perfettamente, per questo la donna scoppiò in un pianto a dirotto. 
La sera prima, dopo avergli dato un breve passaggio,  il camionista gli aveva prestato una giacca pesante per ripararsi dal gelo boliviano lungo il tragitto verso casa, con la promessa che il giorno successivo gli sarebbe stata restituita sulla via del ritorno.
Quando arrivò alla casa dell’anziano però, accadde l’inaspettato. Aprì la moglie che, ascoltato il racconto, non trattenne le lacrime e pronunciò poche parole, sufficienti a scatenare lo stupore.  “Mio marito è morto due anni fa, proprio in quel tratto di strada in cui dice di averlo fatto salire a bordo.”
Questa leggenda dell’anziano, al pari di altri fantasmi, apparizioni, echi di urla, risa e pianti, compongono il mito de la “Carretera de los Yungas”, un luogo in cui la natura sa essere bella e spietata come in pochi altri posti del mondo.  
Essere circondati totalmente dalla vegetazione amazzonica, dagli animali, senza potersi distrarre minimamente, senza poter assaporare per un instante ciò che è intorno, per il rischio di finire lunghi in una curva e volare via per centinaia di metri.


Circa 60 km di fondo sterrato largo solo una manciata di metri che collega La Paz (3640mt sul mare) a Coroico (1525mt), passando per il punto piu’ alto de La Cumbre (4650mt). Un gomitolo di strada che si contorce lungo le ande, dando vita ad un adrenalinico saliscendi mozzafiato, sia per bellezza panoramica che per mancanza d’ossigeno, uno dei segni distintivi di questo paese latino. 
Dal caldo umido tropicale al freddo gelido degli altipiani, due microclimi complicano la percorrenza di un tragitto che, privo di parapetti, protezioni e guardrails, si affaccia su strapiombi di centinaia di metri, si presenta insidioso, pericoloso e fatale per svariate decine di persone ogni anno, un record che è valso alla Carretera de los Yungas un nuovo nome, certamente piu’ iconico: El camino de la muerte.
La caduta di massi, i banchi di polvere in alcuni punti, la frequente nebbia e la precipitazioni in altri, rendono il fondo instabile ed il controllo dei mezzi veramente difficile, tanto che nel corso degli anni le croci commemorative dei caduti lungo il percorso sono aumentate a dismisura.
A poco sono serviti i  vari espedienti per aumentare la sicurezza, come la guida a sinistra per far si che il lato del conducente fosse quello più vicino allo strapiombo, così da poter essere controllato maggiormente, oppure nell’incrocio tra due veicoli la precedenza per chi saliva. Tantomeno il traffico regolato per fasce orarie ha tolto a questa “carretera” quella pericolosità che l’hanno resa così dannata e, per certi versi, affascinante. 


Palliativi che hanno solo rimandato una decisione diventata poi inevitabile in seguito alla morte di circa 150 persone in un tragico incidente nel 1983: la costruzione di una strada alternativa, più sicura.
Una mossa che ha sancito praticamente la chiusura al traffico di automezzi lungo il camino de la Muerte, che però ha saputo riciclarsi rapidamente facendo l’occhiolino ad un nuovo target di assidui frequentatori.
Ai locali che prima di partire umidificavano il terreno con una bevanda rituale e offrivano il primo sorso alla Madre terra in cambio di protezione, si sono sostituiti i forestieri appassionati di bici estrema, in una discesa che, seppur meno fatale degli scorsi anni, rimane comunque un’avventura per cuori forti.

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